Viaggio in Parrocchia / Carbonara, una lunga strada che porta verso la solidarietà

La strada che porta dalla circonvallazione al centro di Carbonara al Ticino è lunga e diritta, costellata di villette da cui proviene ogni tanto il suono di un tappeto sbattuto alla finestra o di un cane che abbaia in cortile.

COMUNITÀ VIVACE A pochi passi dal municipio – incastonato tra l’ufficio postale e un ristorante, un albergo e un bar dove alcuni pensionati commentano in dialetto la partita della domenica precedente – c’è la chiesa. Qui troviamo il parroco, don Antonio Impalà, intento ad appendere i manifestini che annunciano ritiri spirituali e feste di carnevale in oratorio. «Questa – racconta – è una comunità rurale vivace, con persone generose e tanti pendolari che lavorano tra Gropello, Pavia e Milano». Don Antonio è arrivato alla fine del 2019, e dopo tre mesi è scoppiata l’emergenza Covid. «In seguito all’isolamento – continua il sacerdote – posso dire di aver conosciuto la comunità solo dopo tre anni. Nel 2024 abbiamo fatto il terzo Grest insieme a Villanova, e abbiamo avuto una bella partecipazione di bambini e ragazzi. Purtroppo nel frattempo è morta mia madre, Carmelina, che mi aveva seguito per 30 anni e che con papà mi aveva trasmesso la fede e tanti doni spirituali. Mi piace pensarli ancora vicini».

“I CARE” «La gente mi ha manifestato molta vicinanza, generosità e cura. Ho visto tante persone che mettono a disposizione tempo e competenze, e tutti insieme cerchiamo di far crescere la comunità con iniziative caritative e altri eventi. Il giubileo, ad esempio, è un’occasione di riconciliazione, comunione e speranza. Penso sempre al motto di don Milani, “I care: mi interessa, ho a cuore”, che esprime la cura che bisognerebbe avere per tutte le persone. Qui mi hanno accolto bene, è un ambiente desideroso di avere il parroco. Siamo inseriti nella nuova unità pastorale di Cava Manara e abbiamo molti più contatti tra paesi limitrofi e più collaborazione con i sacerdoti».

SOLIDARIETÀ Di cosa ha più bisogno questa comunità? «Attraverso ritiri e incontri sinodali – conclude don Impalà – possiamo avere un aggiornamento di molte tematiche (quest’anno tratteremo la sociopolitica) per arrivare a una testimonianza più diretta del cristiano e a una visione maggiore di questi eventi. A Carbonara ogni due anni organizziamo una rappresentazione della passione di Cristo, anche per ottenere la progressione di un aggiornamento teologico-spirituale e per alimentare la fede con iniziative culturali». Com’è la collaborazione con l’amministrazione comunale e le associazioni?

Molto buona, soprattutto per la sagra, il Natale e il carnevale. Il mio augurio alla comunità è di continuare le buone relazioni anche attraverso il volontariato, di essere solidali nell’avvento, in quaresima, nelle raccolte vicariali, insomma di aumentare la solidarietà.

«I ragazzi ti ripagano con affetto»

carbonara al ticino
Daniela Traficante

Dopo la cresima, solitamente, non si frequenta più l’oratorio. Ci si iscrive a una scuola superiore in città, le strade si dividono, gli amici si perdono di vista. Ma a Carbonara non è così. «Qui c’è un gruppo di 10 ragazzi post-cresima, anche da Villanova – racconta la catechista Daniela Traficante – che si ritrova un sabato al mese per la messa prefestiva e per commentare i testi biblici, mangiare una pizza insieme al don e agli educatori, e discutere delle proprie aspettative, di insicurezze e paure».

A quell’età, tra gli 11 e i 13 anni, si creano amicizie che ti plasmano e ti formano per tutta la vita.

I ragazzi ci tengono: al progetto, che si chiama “Followers. Alzati e testimonia la gioia di Cristo”, partecipano volentieri. Così come i 17 bambini che, tra 5° elementare e 1° media, quest’anno si preparano alla cresima: «All’inizio erano un po’ turbolenti, sembravano non interessati. Invece poi si sono dimostrati attenti, con interventi e domande di un certo spessore. Tutte le classi sono molto affiatate, eravamo rimasti bloccati dal Covid, ma adesso è bello rivedersi e abbracciarsi». Perché fa la catechista? «É il modo migliore per testimoniare il vangelo, passa attraverso le relazioni che trovano un senso nello stare insieme. Lavorare sulle giovani generazioni è lanciare semi che si auspica diano frutti. Mi porto dentro una gran gioia, un entusiasmo: se i ragazzi si sentono guardati con attenzione ti ripagano con affetto».

Davide Zardo

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