Il brano del vangelo di Marco di questa domenica inizia con l’apostolo Giovanni che, vedendo alcuni che scacciavano demoni, voleva impedirlo, per la ragione che questi “esorcisti” non facevano parte del loro gruppo, non erano dei loro seguaci. L’intervento dell’apostolo suscita in Gesù l’occasione di dare loro un prezioso insegnamento di vita cristiana: il Maestro ordina agli apostoli di non ostacolare questi esorcisti, poiché il bene è bene da dovunque e da chiunque arrivi, e va incoraggiato e ammirato. L’apertura mentale, la sapienza del Maestro è quella di cogliere le sfumature di bene, con cuore spalancato, capace di vedere anche in coloro che non del gruppo, il buono che si realizza, il regno di Dio che accade non solo per mano dei Dodici.
L’atteggiamento del Maestro diventa stile del cristiano, capace di riconoscere il bene che accade, non pensando che sia di competenza di alcuni “eletti”, coloro che hanno una vita attiva nelle comunità parrocchiali o in diversi gruppi. Il rischio è di pensare di poter relegare la grazia di Dio a un gruppo ristretto di persone che, per il semplice di vivere una pratica religiosa, possano fregiarsi di avere l’esclusiva di Dio. Ma il Signore, ancora una volta, ribalta le nostre concezioni meramente umane, chiedendo di aprire la mente secondo una prospettiva “cattolica”, cioè aperta al tutto:
Gesù non di fissa sul dettaglio che coloro che compivano esorcismi non fossero parte di coloro che lo seguivano, ma li considera nella loro totalità, intuendo la bellezza del bene che si stava realizzando.
Nel testo di Marco il Signore spiega come coloro che non si dicono discepoli di Gesù ma compiono dei gesti di attenzione ai cristiani saranno ricompensati: al contrario, coloro che invece non solo non fanno del bene ma addirittura sono causa di scandalo, ecco che il Signore sottolinea che è meglio la morte piuttosto che incarnare dei comportamenti che attentano alla vita dei fratelli e delle sorelle, soprattutto i più deboli.
Queste parole dure sono un monito, un richiamo importante: talvolta come cristiani si rischia di essere incapaci non solo di riconoscere il buono nelle persone che magari non sono cosi vicine a una vita attiva nelle nostre comunità cristiane, ma addirittura di non vedere il male che si realizza con una chiusura quasi settaria. Il Signore, con la sua predicazione, abbatte quelle barriere farisaiche di una purezza religiosa e immacolata, e quante volte la comunità dei fedeli cerca di ricostruire quelle barricate per distanziarsi da quei presunti rivali che in realtà sono figli amati dello stesso Dio.
E noi con la nostra vita siamo capaci di aprire cuore e mente a riconoscere la grazia del Signore che accade o ci barrichiamo nelle nostre chiuse mentalità?
don Paolo Butta