Viaggio in Parrocchia / Zinasco, una comunità cristiana alla ricerca della propria identità

La strada che dalla stazione ferroviaria di Zinasco Vecchio porta in paese è lunga circa mezzo chilometro.

IL PAESE È una mattina di dicembre, fa freddo: un grado sottozero e brina dappertutto. In un campo sulla destra, dietro alcuni covoni di fieno, si staglia in lontananza la sagoma della chiesa di sant’Antonio abate. L’edifico sacro è proprio di fianco al municipio, in una piazzetta dove ci sono tre bar. Come facciano a fare affari con tutta questa concorrenza non si sa: forse perché la piazza è attraversata dalla statale, i Tir che passano sono numerosi, ed evidentemente i tre esercizi commerciali se li spartiscono in egual misura. Qualche camionista sosta pochi minuti per un caffè veloce, poi va via altrettanto velocemente. Altri si fermano più a lungo, ormai è quasi ora di pranzo.

don Fontino Rondina
don Fontino Rondina

IL PARROCO Don Fontino Rondina è qui dall’ottobre del 2019. E’ arrivato col Covid, che poi se n’è andato portandosi via, purtroppo, qualche parrocchiano. Don Fontino è rimasto al suo posto, alla guida di una parrocchia dove i giovani, racconta, «frequentano il catechismo ma non la messa. E dopo la cresima, non li vedi più. E pensare che la celebrazione eucaristica dovrebbe essere il primo catechismo. Lì c’è tutto: fede, speranza, carità. Lì c’è la comunità cristiana: non dico semplicemente parrocchiale, ma cristiana». Una differenza che gli ha insegnato don Cesare Lino, parroco a Mede per quasi 30 anni. Lui, don Fontino, come parroco ne ha passati 13 a Dorno, prima di venire a Zinasco.

I ragazzi che frequentano il catechismo sono 45 – racconta – il venerdì pomeriggio due classi, il sabato mattino altre due, e da febbraio ci sarà anche la prima elementare; tanti vanno a Sairano o a Gropello. Il problema è che non c’è il senso della comunità cristiana.

«APERTI ANCHE NOI» Giorni fa ho parlato con un bambino, tutto contento perché aveva trascorso una giornata al centro commerciale. Lì c’è tutto, per tutta la famiglia. I genitori fanno la spesa e i figli si divertono nell’area giochi riservata ai bambini». Viene in mente la storia di quel sacerdote che in una parrocchia della Lomellina voleva mettere un cartello fuori dalla chiesa: «La domenica siamo aperti anche noi». Don Fontino sospira: «Qui si ricordano ancora in molti di don Francesco Sozzani, che è stato parroco per molti anni. Ma erano tempi diversi, la gente seguiva di più le pratiche religiose, e all’asilo parrocchiale c’erano ancora le suore Pianzoline. Certo, la gente è comunque generosa, soprattutto nelle raccolte alimentari a Natale e Pasqua. Il mio augurio alla comunità è di crescere spiritualmente e umanamente».

«Essere credenti anche nelle opere»

Camillo Ricci
Camillo Ricci

«Non esiste l’io, esiste il noi». Così Camillo Ricci (56 anni, ingegnere, insegnante in un istituto superiore) commenta il proprio impegno dnella parrocchia di Zinasco. «Curo la chiesa come sacrista, do una mano con le celebrazioni, faccio catechismo e sono nel consiglio degli affari economici». Come riesce a conciliare i suoi impegni lavorativi e familiari con quelli della parrocchia? «Ci vuole un po’ di organizzazione. Ci sono degli imprevisti?

Bisogna essere preparati a tutto. A volte si fa prima a fare le cose che a spiegarle, ma non è giusto: se tu manchi e nessuno può sostituirti, è perché non hai spiegato agli altri una cosa che solo tu sapevi. Si cerca di tenere viva la celebrazione con il coro, l’organo, la chitarra.

Nell’oratorio purtroppo non si riesce a coinvolgere i ragazzi, che sono sempre attaccati al cellulare. Per fortuna c’è la fede a sostenerci, e essere credenti anche nelle opere, soprattutto in questa nuova Chiesa in cui i laici devono caricarsi di compiti visto che non ci sono abbastanza sacerdoti. Nel mio piccolo posso dire di sentirmi realizzato così come lo sono come docente. Mi piace stare con i ragazzi, alcuni li ho avuti prima al catechismo poi li ho ritrovati più avanti nelle superiori. Se uno crede, le cose le fa con un certo volere, un certo spirito. Sono sereno, ho fatto quello che dovevo fare cercando di elevarmi delle miserie dell’uomo, e soprattutto agendo con gli altri, facendo le cose insieme. Qui l’io non esiste, esistiamo noi».

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