Valencia, conseguenza del meteo estremo

Il meteo estremo non è più un’ipotesi, ma una realtà ora più che mai tangibile. La recente inondazione di Valencia, con un ammontare di 222 vittime (in aumento) e 1900 dispersi (stando alle stime), così come l’alluvione in Emilia-Romagna in ottobre, non sono che lo specchio di un quadro già previsto anni fa da tutto il mondo scientifico e di cui si cominciano a pagare le conseguenze.

CAMBIAMENTO «L’aumento dell’intensità degli eventi estremi di precipitazione è qualcosa che la scienza del clima aveva ormai previsto da anni – spiega Stefano Caserini, professore di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano e impegnato nella divulgazione sul tema con pubblicazioni scientifiche e per il pubblico – Il riscaldamento globale, con temperature sempre più alte, porta a un’intensificazione di eventi estremi, come quello accaduto a Valencia. Una teoria presente anche nei rapporti dell’Ipcc, ovvero il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, coordinati dall’Onu». Fenomeni che riguardano sempre più ogni parte del globo. «Statisticamente parlando, già in diverse parti del mondo si sta notando un aumento di precipitazioni estreme proprio per motivi termodinamici».

Con l’aumento delle temperature ci sarà un conseguente aumento della intensificazione di questi eventi, perché è come se il sistema fosse “sovraccarico di energia”.

DANA Nel caso di Valencia però il servizio meteorologico spagnolo parla di Dana, acronimo di “Depresión Aislada en Niveles Alto” ovvero una depressione isolata ad alta quota, fenomeno già noto. «Riguarda alcune zone costiere – continua Caserini – in cui si verifica un incontro tra aria molto calda e carica di vapore acqueo, con una bolla fredda dando origine alla cosiddetta “goccia fredda” che si crea nell’alta atmosfera. L’incontro tra queste due cariche scatena un evento istantaneo di caduta d’acqua che, nel caso di Valencia, ha portato a scaricare delle quantità eccezionali. Si parla addirittura di 506 mm d’acqua in sei ore». Se l’evento meteorologico non è nuovo, è nuova l’intensità.

Stefano Caserini
Stefano Caserini, ingegnere ambientale e docente universitario

AGIRE Ed è questo che impedisce di fronteggiarlo con gli strumenti del passato o che andavano bene fino a ieri: fenomeni così intensi sono impossibili da gestire anche per le fognature cittadine. «Con quantità di pioggia così elevata, i sistemi di smaltimento d’acqua delle città non riescono a far fronte a portate del genere perché sono stati progettati per piogge molto meno intense. Il reticolo naturale, ma anche quello artificiale della città, non ce la fanno». Siamo di fronte a un vero e proprio «“clima dopato”, con precipitazioni estreme che creano danni socialmente gravi». Occorre quindi agire per tempo al fine di evitare ulteriori danni e vittime. «Bisogna mettere in pratica la scienza dell’adattamento al cambiamento climatico, stabilendo un efficiente sistema di monitoraggio e di allarme per mettere in salvo vite umane e beni materiali». Ma non solo: «Le strategie sono adattamento e mitigazione ovvero ridurre le emissioni, se non riduciamo i gas serra si andrà incontro a ulteriori aumenti di temperatura e di precipitazioni estreme. Un altro fattore è una diversa pianificazione del territorio, anche se può essere più costoso e difficile da realizzare».

Rossana Zorzato

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