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Ci sono persone che sono talmente marginali che neppure le statistiche riescono a rilevarle, almeno non fino in fondo. Il fenomeno dei senzatetto e dei senza fissa dimora è in crescita nell’ultimo decennio tanto in Italia quanto in Ue, eppure è in gran parte inesplorato: secondo il censimento Istat del 2021 sono 96197 gli individui che rientrano in queste due categorie, ma questo numero non è che una fotografia parziale.
LE CIFRE Di questi più di 65mila sono uomini e quasi 31mila donne, il 38% di origine straniera con un’età media di 41.6 anni, che sale a 45.5 per gli italiani e scende a 35.2 per chi non è nato qui. I bambini e i ragazzi sono 12793, il 13.3% del totale. L’Istat considera in questa condizione chi «versa in uno stato di povertà materiale e immateriale, che è connotato dal forte disagio abitativo» come vivere in spazi pubblici (per strada o in baracche, macchine, roulotte, capannoni), afferire a un dormitorio notturno trascorrendo buona parte delle ore diurne all’aperto, vivere in alloggi dedicati. Per le anagrafi è “senza dimora” chi registra il domicilio nel comune senza poter fissare la residenza non avendo un luogo di riferimento, mentre è “senzatetto” chi non ha neppure un domicilio, soggetti che, quando iscritti all’anagrafe, ricevono un “indirizzo fittizio” che consente la ricezione della posta, della tessera sanitaria o di altre comunicazioni. La maggior parte di questi quasi 100mila individui vive nei centri principali, tanto che a Roma se ne contano 22184, a Milano 8545, a Napoli 6596, a Torino 6013, ma se ne contano in circa 2200 comuni italiani.
QUI In provincia di Pavia ne risultano 354, con il capoluogo a contarne di più, 158, seguito Gambolò con 75, Vigevano con 60, Casorate Primo con 49, Voghera con 33. In Lomellina, oltre ai municipi già citati, ce ne sono 27 a Lomello, 11 a Garlasco, 9 a Mortara e Tromello, anche se molti sindaci fanno sapere che la situazione dal 2021 è cambiata. A livello provinciale 122 sono minori (il 34.5%), 142 hanno più di 55 anni (il 40.1%), le donne sono 225 e gli uomini 354, per quanto riguarda Vigevano gli under18 sono 2, gli over55 23 cioè poco meno di metà del totale, 43 sono uomini (il 71.7%), a Gambolò sono rispettivamente 17 e 19, con una distribuzione di genere meno marcata (32 sono donne), a Lomello 5 e 6, a Garlasco 6 (quindi più della metà è minorenne) e 1, a Mortara 3 e 2, a Tromello 2 e nessun over55.
LIMITI Tuttavia le statistiche non sono esaustive, come spiega la “fio.PSD” (Federazione italiana organismi per le Persone senza dimora), nata sul finire degli anni ’80, secondo cui «sempre nell’immaginario collettivo, per persone senza dimora si è soliti far riferimento esclusivamente alla vita in strada o alla mancanza di una casa. Tuttavia il profondo disagio in cui vivono i senza dimora non va riferito solo alla mancanza di un’abitazione o all’assenza della realtà fisica e tangibile della “casa come tetto” ma alla più profonda e più complessa mancanza di un ambiente di vita, di un luogo privilegiato di sviluppo delle relazioni affettive, di progetti, di interessi e di un luogo dove prendersi cura di sé». Una popolazione «molto eterogenea e diversificata, non generica o stereotipata», tanto che sulla base della classificazione europea “Ethos” (la stessa adottata da Istat) arriva a identificare quattro categorie ovvero persone senzatetto, prive di una casa, in condizioni di insicurezza abitativa, che vivono in condizioni abitative inadeguate. Il censimento Istat ha rappresentato «una grande novità» in quanto
per la prima volta sono state identificate con maggior dettaglio le persone che vivono nelle convivenze anagrafiche e le cosiddette “popolazioni speciali” costituite da persone senza tetto, senza dimora e persone che vivono nei campi attrezzati e negli insediamenti tollerati o spontanei,
arrivando ad aggregare 500mila soggetti. Perfino questo strumento non consente però di includere nel conteggio situazioni di marginalità estrema come quelle degli stranieri irregolari o delle donne, per le quali alla deprivazione si aggiunge lo stigma sociale.
MINORI Altra categoria sensibile quella dei più giovani. In Italia i minori senzatetto hanno per legge un alloggio garantito, quindi i 13mila censiti (il 49% dei quali bambine e il 38% non italiani) sono tutti considerati senza fissa dimora, un numero sottostimato (non si considera chi vive in soluzioni abitative sovraffollate, di degrado, in campi attrezzati o soluzioni abusive) e di per sé non tanto piccolo quanto sembri. Anche perché alla situazione abitativa e socio-economica si sommano un ridotto accesso ai servizi educativi e sanitari. Nel 2022 l’Italia ha adottato un Piano d’intervento per i minori che ha come premessa il diritto all’abitare, facendo seguito all’introduzione nel 2015 del principio dello “housing first”, poi ripreso a livello comunitario, che vede nella casa il punto di partenza per l’inclusione.
RESPINTI Alla luce di questo sommario excursus è difficile non vedere nei senzatetto e senza fissa dimora i nuovi «respinti da tutti», come erano considerati i lebbrosi nel Medioevo per citare un’efficace espressione della storica Chiara Frugoni. La lebbra, considerata non solo una malattia ma anche una punizione divina, era una condanna all’esclusione dalla comunità – in un mondo dove, a differenza dell’attuale, l’identità dell’individuo si definiva proprio all’interno di questa – che comportava il vivere fuori dalle mura cittadine, l’indossare indumenti particolari e l’annunciare il proprio arrivo suonando una campanella per permettere agli altri di evitarli. Non è casuale che san Francesco, nella sua scelta di povertà totale, inizi la sua conversione proprio con l’assistenza ai lebbrosi: «Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava troppo amaro vedere i lebbrosi, e il Signore mi condusse da loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo».
Giuseppe Del Signore