“Maddalene”, chi avrà il coraggio di raccogliere il testimone?

Sono conosciute popolarmente come “Maddalene” e in queste ultime settimane si fa un grande parlare di loro, soprattutto in seguito alla decisione della Madre Generale della Congregazione di porre fine alla loro presenza a Vigevano. Sono note per il loro impegno sociale e per la disponibilità all’accoglienza, per quel ministero della “porta aperta” che le ha caratterizzate fin dal loro arrivo in città nel 1879, quando ancora vigevano la clausura e il servizio dell’educandato femminile.

CARISMA Oggi il loro nome è “Figlie di Gesù Buon Pastore”. Lo è dal 1973, frutto di un ripensamento e una riorganizzazione interna dell’Istituto. E forse indica molto bene il carisma che questa Famiglia religiosa è chiamata a vivere e testimoniare nella Chiesa. Se infatti all’inizio della sua storia l’aspetto “penitenziale” della loro vita religiosa era preponderante (le suore erano dette “penitenti” e si ispiravano a santa Maria Maddalena, modello di vita convertita e trasformata dall’incontro con Cristo), con il passare del tempo il loro specifico ministero di accoglienza e di attenzione ai piccoli e agli abbandonati ha trovato nel brano evangelico del Buon Pastore un’icona più positiva e stimolante alla quale attingere le radici di una spiritualità che appare sempre attuale.

IMPOVERIMENTO Un pericolo che emerge soprattutto in frangenti come quello attuale, è quello di accorgersi del venir meno di una presenza di vita consacrata solo per motivi “umani” o “funzionali”. Si soffre perché si viene privati di persone amiche, di figure significative della propria formazione oppure, specie a livello istituzionale, perché viene a mancare un servizio che prima era svolto con dedizione e passione da chi poteva dedicarsi ad esso “a tempo pieno” e gratuitamente. Ma il senso della vita consacrata, della presenza di donne che hanno donato la vita a Dio in un “per sempre” che profuma già di Cielo, va ben oltre queste dimensioni, importanti e preziose, e il venir meno della loro presenza impoverisce una Comunità e una Chiesa locale per ciò che toglie a livello di testimonianza evangelica.

CON LA PECORA SMARRITA Pensare a un Istituto religioso che si assume il compito di incarnare nell’oggi lo stile di Cristo Buon Pastore significa identificare in chi ha scelto questo carisma la disponibilità a «dare la vita» per ogni uomo e donna e ad aprire le braccia e il cuore per accogliere chiunque, «cercando la pecora malata e fasciando quella ferita» fino al punto di raggiungerla là dove si è smarrita, seguendo strade di fragilità e peccato, per riportarla a quell’ovile che diventa casa e famiglia per tutti.

CONTRO LO SCARTO È questa in fondo, anche se espressa con le parole del tempo, l’idea che ha mosso la venerabile Giulia di Barolo a fondare due Congregazioni di suore, le Figlie del Buon Pastore e le Suore di sant’Anna, appunto per testimoniare il chinarsi di ogni battezzato sui fratelli e le sorelle che vivono ai margini. Una risposta ante-litteram alla cultura dello scarto che iniziava a muovere i primi passi già nell’Ottocento con un avvento della modernità, sempre più disumanizzante. E questo è ciò che lasciano le suore alla città. Uno stile e una proposta che, viene da chiedersi con una leggera polemica, si vedrà quanto sapranno raccogliere quanti ora si sentono derubati da un dovere di obbedienza cui le religiose sono comunque chiamate per una scelta abbracciata con gioia.

don Carlo Cattaneo

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