Bestiario / Dal piccione al colombaccio

Nidificano nei nostri sottotetti e nei nostri giardini, e spesso li guardiamo distrattamente, chiamando genericamente “piccioni” quelle macchie grigie alate sullo sfondo delle nostre vite. Ma sono oltre 300 le specie di columbidi nel mondo: scopriamo come riconoscere le tre che possiamo più facilmente incontrare nelle nostre città.

Partiamo dal “modello base”, il piccione. Tra gli uccelli più diffusi al mondo, la “Columba livia” è stata portata dall’uomo in tutti i continenti. Furono i Romani probabilmente ad addomesticare i piccioni che nidificavano su pareti rocciose e scogliere. Facili da allevare (molte case destinavano i sottotetti a questo: tutt’oggi si definisce colombaia l’ultimo piano di un palazzo), dalle carni ghiotte e capaci anche di trasportare messaggi, i discendenti di quei colombi sono quelli che colonizzano oggi i cornicioni dei palazzi, dove trovano rifugi simili a quelli naturali e una disponibilità illimitata di cibo. Dalla livrea grigia e nera che sul collo sfuma in due macchie verdi e rosa, ne esistono varianti di colori diversi: pezzati, bianchi, marroni, varianti cromatiche selezionate in antichità dall’uomo e che ogni tanto rispuntano fuori negli esemplari tornati allo stato ferale.

Il colombaccio, a un occhio inesperto, assomiglia molto al comune piccione: ne condivide i colori e l’aspetto generale. Ma è più grande, una decina di centimetri in più, e ha delle caratteristiche macchie bianche sul collo e sulle ali. Più timido del suo “cugino”, di norma nidifica nei boschi, ma negli ultimi anni la sua diffusione è aumentata anche nelle città: il perché non è chiaro, ma probabilmente ha a che fare con la disponibilità di cibo e la distruzione degli antichi habitat.

Un altro volatile della famiglia dei columbidi che ha visto un’espansione notevole del suo areale in questi ultimi 50 anni è la tortora orientale, detta anche dal collare, arrivata in Italia negli anni ’40 e ora praticamente ovunque. L’aspetto della tortora è quello più peculiare: più aggraziata, dal piumaggio color grigio-rosa e con il collarino che gli dà il nome, ama stare appollaiata sugli alberi e si nutre principalmente di semi. Sebbene non invadente come il piccione, la tortora non ha paura di nidificare in ambienti umani (cornicioni, condizionatori, balconi) e, nel periodo degli accoppiamenti, il maschio emette un forte e riconoscibilissimo «tu-tuu»: è il “canto d’amore” con cui cerca di attirare la sua futura compagna.

Alessio Facciolo

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