Addio a Virginio Rognoni

Per chi ha superato i cinquanta e ha vissuto i terribili anni di piombo, Virginio Rognoni resterà nella memoria come il ministro dell’Interno (dal 1978 al 1983) che contribuì in maniera determinante a sconfiggere il terrorismo e mise la sua firma, accanto a quella di Pio La Torre, alla legge che introdusse il reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni alla criminalità organizzata.

NON SOLO UN MINISTRO Ma di lui resta anche il ricordo di come riuscì a guidare altri due ministeri cruciali, Giustizia (tra il 1986 e il 1987) e Difesa (dal 1990 al 1992), in otto anni complessivi vissuti al Governo. Chi ha qualche anno di meno, lo identificherà più facilmente nel ruolo di vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura: in quei quattro anni, dal 2002 al 2006, difese con vigore l’ordine giudiziario dagli attacchi e dalle ingerenze della politica, dimostrando, una volta di più, senso delle istituzioni e fedeltà alla Costituzione. Ma per i pavesi Virginio Rognoni, morto a 98 anni, sarà per sempre il caro “Gingio”. Così l’hanno sempre chiamato parenti e amici, ma anche i suoi concittadini che si erano abituati a vederlo sulle scene più importanti della politica italiana e internazionale. Perché è vero che Rognoni è stato “un gigante tra i giganti; un grande ministro dell’Interno, un uomo colto, un intellettuale”, come lo ha ricordato martedì 20 settembre il senatore Luigi Zanda parlando in Senato. E possiamo considerarlo anche uno dei

più importanti uomini di Stato che Pavia abbia potuto annoverare nella sua storia,

come ha sottolineato il prof. Giulio Guderzo: così lo hanno ricordato in tanti, in questi giorni. Ma il “Gingio”, in ogni momento della sua lunga vita, non ha mai dimenticato Pavia. Quando la città e il territorio avevano bisogno di un sostegno, lui c’è sempre stato: una presenza discreta, nel suo stile quasi “british”, ma assidua. Sulla prima pagina de “il Ticino” del 18 marzo 1989, il giorno dopo il tragico crollo della Torre Civica, lo si vede al telefono, impegnato a contattare i vertici più alti delle istituzioni per organizzare i primi aiuti. Un ricordo personale ci fa tornare agli anni Settanta e Ottanta, quando Rognoni veniva spesso in Lomellina (così come faceva anche nel Pavese e in Oltrepò) per incontrare gli iscritti della DC, in particolare quelli della corrente di “Base”, la “sinistra” dello scudocrociato. Erano occasioni speciali, per ammirare la profondità del suo pensiero, affascinati dal suo rispetto delle istituzioni e dalla modernità di un’azione politica volta sempre all’inclusione. Ma il “Gingio” in tali circostanze non assumeva mai un tono professorale, pur essendo un docente universitario prima ancora di un uomo della politica; c’era in lui il piacere di ritrovarsi tra amici, con i quali scambiare anche qualche battuta in dialetto o parlare magari di calcio e della sua amata Juventus.

Il Generale Dalla Chiesa

L’IMPEGNO ANTIFASCISTA Di Rognoni è giusto ricordare anche il suo ferreo spirito antifascista, manifestato sin da giovane durante gli anni del regime e della guerra e poi conservato per tutta la vita: resta ancora forte l’emozione per il suo discorso ufficiale, in Piazza Italia a Pavia, nel 2017 in occasione del 25 aprile. Così come straordinariamente intenso e coinvolgente fu il suo intervento, all’inizio del 2011 in Aula del Quattrocento dell’Università di Pavia, in un incontro (voluto dall’allora vescovo Giovanni Giudici) per ricordare il prof. Vittorio Grevi, grande amico di Rognoni: li univa la passione per il diritto e il costante rispetto della giustizia e delle istituzioni. Sulla sua carriera politica c’è poco da aggiungere, rispetto a quanto è già stato detto e scritto, se non sottolineare le radici cristiane di un compito vissuto come servizio alla comunità. Un percorso partito dai banchi del consiglio comunale di Pavia, prima come consigliere e poi come assessore e vicesindaco, prima di spiccare il volo verso Roma, il Parlamento e il Governo.

GLI ULTIMI ANNI DELLA SUA CARRIERA Dopo la fine dell’esperienza della DC, aveva aderito prima al Partito Popolare e poi al Partito Democratico. Un impegno costante, che ha saputo affrontare anche grazie al sostegno della sua famiglia: la moglie Giancarla Landriscina (morta nel 2016) e i figli Cristina, Vincenzo, MariaStella e Massimo. La scomparsa di Rognoni ha provocato una grave lutto anche nel mondo accademico. «Ha sempre testimoniato un forte attaccamento a Pavia, – ha dichiarato il rettore Francesco Svelto – all’Università dove si è laureato ed è stato professore, e al Collegio Ghislieri. Penso alla sua recente testimonianza in occasione del 660° anniversario dell’Università e alla partecipazione, proprio un anno fa, all’inaugurazione dell’anno accademico, insieme al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella».

Alessandro Repossi

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