Siccità / Venti opere, ma a chi dare l’acqua? Le sfide del commissario

Venti progetti in meno di trenta mesi. Questa sarà la prima sfida che il commissario per l’emergenza siccità dovrà vincere, nella speranza di contenere i danni a questa e al massimo alla prossima stagione estiva.

Per il 2022 la situazione è già quasi del tutto compromessa,

tanto che il Governo, prima ancora di procedere all’approvazione del decreto che farà da traccia all’azione commissariale, ha approvato la richiesta di stato d’emergenza avanzata da Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Friuli, Veneto e buon’ultima la Lombardia, un provvedimento che servirà a far ottenere i primi ristori agli agricoltori per i raccolti ridotti ai minimi termini se non persi quasi del tutto.

PREVENZIONE Il commissario invece dovrà fare in modo che quest’anno faccia da spartiacque tra un Paese che si è fatto trovare impreparato e uno pronto a prevenire gli effetti del clima che muta. Anche perché, come ha rimarcato lo scorso 30 giugno in conferenza stampa il presidente del Consiglio Mario Draghi, «la crisi idrica ha due categorie di cause: una è un deficit di pioggia degli ultimi tre anni. Le precipitazioni sono state scarse, ovviamente non solo quest’anno ma già nei precedenti. L’aumento delle temperature in generale contribuisce, il cambiamento climatico non c’è dubbio abbia un effetto. Ci sono anche una serie di cause strutturali: la cattiva manutenzione dei bacini, la cattiva manutenzione della rete che spetterebbe ai concessionari. Per cui da noi le dispersioni, le perdite di acqua, sono a un livello straordinario: si parla del 30 e più per cento». Lo stesso premier ha sottolineato la realtà di paesi come Israele in cui ci si ferma al 3%.

03 PP Siccità campo secco
campi lomellini riarsi

IN-AZIONE UMANA Una proporzione che fa capire perché il cambiamento climatico non basta a spiegare tutto. L’Italia si trova a intervenire dopo decenni di ignavia infrastrutturale e manutentiva che hanno costruito l’emergenza come e più di alte temperature e della scarsità di pioggia. Per questo motivo il commissario avrà ampi poteri e potrà intervenire sulla gestione dell’acqua verificando che le Regioni rispettino le misure decise in concerto con le Autorità di bacino fluviali, godrà di semplificazioni burocratiche per realizzare nei tempi richiesti le infrastrutture necessarie a evitare future emergenze. Del resto nelle scorse settimane il direttore generale di Anbi Massimo Galgano ha ricordato che «cadono ogni anno 300-305 miliardi di metri cubi d’acqua. Quest’acqua quando cade trova cemento o asfalto e si allontana». L’acqua normalmente c’è insomma, ma se un anno le precipitazioni diminuiscono significativamente non ci sono riserve a disposizione per compensare.

A CHI FORNIRLA? E la scarsità rende necessario ad esempio decidere se destinarla all’agricoltura o al Po, una delle prime decisioni che il commissario dovrà prendere. Il problema è che non esistono soluzioni immediate in grado di risolverla nell’arco di pochi giorni o settimane, ragione per cui la decisione di dove allocare le poche risorse disponibili potrà avere un effetto negativo sui raccolti, già ridotti in maniera significativa, o sull’ecosistema del Po, il principale fiume italiano. Per comprenderlo è sufficiente leggere le richieste contrapposte di Anbi e associazioni degli agricoltori da una parte e Autorità di bacino del Po dall’altra. «Nella nostra regione la priorità è salvare il primo raccolto – ha dichiarato il presidente di Anbi Lombardia Alessandro Folli, ricalcando posizioni espresse anche dai produttori del settore primario – e per non vanificare l’irrigazione delle scorse settimane, resa possibile sino ad oggi anche grazie a severe scelte di razionamento (turni ridotti, turnazione rogge derivate, ecc.), è necessario continuare a poter disporre almeno delle attuali portate dai fiumi, nonostante siano state fin qui largamente inferiori alle necessità delle colture». In direzione opposta l’Autorità che, dopo l’osservatorio del 30 giugno, ha confermato le misure prospettate in quello precedente ovvero la

riduzione del 20% dei prelievi irrigui a livello distrettuale

e lo «aumento dei rilasci dei grandi laghi alpini pari al 20% rispetto al valore odierno». Provvedimenti necessari per limitare la risalita del cuneo salino nei territori del delta. Almeno sui rilasci dai laghi c’è comunanza d’intenti, una comunanza che scontenta le aree lacustri che ritengono pericoloso derogare dai livelli di regolazione prefissati.

PP Siccità Lomellina - Agogna
il fiume Agogna in secca

A SECCO Difficile uscire da una crisi preservando tutte le posizioni, Arpa ha presentato questa settimana il risultato delle analisi sullo ”Equivalente idrico della neve” – quanta acqua possono fornire i ghiacciai lombardi – e la risposta è zero. Si constata «una scarsità senza precedenti». «L’ultima stagione è stata caratterizzata da un innevamento notevolmente inferiore alla media (considerando gli ultimi 15 anni) su tutte le montagne lombarde». Come ha reso evidente il disastro della Marmolada di domenica scorsa, i ghiacciai del nord Italia sono già oggi in condizioni di fine stagione.

Giuseppe Del Signore

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