«Questo passaggio mi prova molto, anche dal punto di vista personale, mi rendo conto che sto diventando una persona diversa da quella che ero». Parla al telefono in un momento di pausa Andrea Sala, sindaco di Vigevano, la voce fioca, il tono un po’ meno deciso del consueto. Che impressione ha di questo momento storico e cosa vuol dire attraversarlo nella veste di primo cittadino?
«É un passaggio che secondo me nessuno avrebbe mai immaginato, qualcosa che vedi soltanto nei film, ti sembra di vivere fuori dalla realtà. Da sindaco diventi il punto di riferimento: per il ruolo che ricopri vieni contattato h24, per qualunque cosa.
È incredibile e ti senti sulle spalle i problemi di tutti, ti telefona chi soffre per ciò che vive in famiglia, le istituzioni per coordinare le misure, la Protezione civile, il mondo del volontariato
Da questa visuale che impressione si ricava?
«Si comprende appieno l’importanza del lavoro del nostro personale sanitario. A loro rivolgo il mio grazie generale per quello che fanno; a tutti… sono loro i veri “angeli” in questo momento. In prossimità della Pasqua interpretano a fondo lo spirito cristiano di sacrificio per gli altri e lo fanno in condizioni difficilissime, di cui ho testimonianza diretta. Si comprende davvero anche il ruolo del mondo del volontariato, a cui dobbiamo essere grati perché sono vicini a persone che senza di loro sarebbero in difficoltà».
Il Comune come si muove invece?
«Attraverso le iniziative che abbiamo già lanciato e che sono in via di definizione, come i buoni spesa e il Centro operativo comunale. E poi a livello di programmazione economica: il bilancio di quest’anno sarà completamente cambiato, la priorità dell’emergenza covid-19 è determinante, tutto il bilancio del Comune è concentrato su questo tema ed è stato fondamentale intervenire su questo aspetto in Consiglio comunale, altrimenti avremmo avuto le mani legate».
Vigevano ha più casi di Codogno. Come lo spiega? Si tratta di due realtà che non si possono paragonare, ma il dato ha un valore simbolico…
«Sì, il valore simbolico lo comprendo. Tuttavia se confrontiamo il numero di abitanti col numero di contagi non possiamo fare confronti. Credo si debba fare un ragionamento di natura pratica, Vigevano è una città che vive di attività produttive e penso che questo renda più facile che le persone stiano a contatto, offrendo anche minori possibilità di smart working. Non voglio trarre da questo una conclusione “scientifica”, è solo un ragionamento ipotetico».
Non ritiene ci siano delle responsabilità? Il 23 febbraio mentre il Comune sospendeva i festeggiamenti per carnevale Piazza ducale si riempiva di famiglie con nonni al seguito.
«L’amministrazione è stata da subito cauta, non ho voluto lanciare nessun hashtag “#vigevanononsiferma”, mi sembrava una presa in giro un messaggio di questo tipo, ero contrario per principio ed ero molto preoccupato dalle immagini che arrivavano dalla Cina. La cittadinanza io credo che possa essere divisa in due livelli: hai cittadini fortemente responsabili, che si sono barricati in casa sin dall’inizio e hanno fatto bene; poi hai altri che, non so se per egoismo o perché non toccati direttamente, cercano di vivere qualche libertà che adesso nessuno di noi può permettersi».
Che cosa attende i vigevanesi nei prossimi mesi e a medio termine?
«Vedo un periodo molto difficile, ritengo che passerà parecchio tempo prima che sia dichiarata la fine di questa pandemia e questo avrà delle ripercussioni economiche che non ti permetteranno di tornare alla vita come era prima. Nel 2020 e anche più in là mi aspetto un riavvio non immediato, ma graduale dell’economia. Il nostro mondo è cambiato. E molte persone avranno bisogno di aiuto».
Quest’emergenza farà slittare le elezioni comunali e questo la renderà il sindaco più longevo nella storia di Vigevano. Ci ha pensato e le fa un effetto particolare?
«No, non ci avevo pensato. Avrei preferito che nulla di questo fosse accaduto e che i miei concittadini stessero bene, senza vivere questo momento tragico».
Vuole rivolgere un messaggio ai vigevanesi che trascorreranno la Pasqua, uno degli eventi comunitari più sentiti in città, come dimostra ad esempio la tradizione del “giro delle sette chiese”, in casa?
L’uomo è nato per vivere di rapporti sociali, la Pasqua nella nostra visione cattolica rappresenta un importante momento di comunione. Oggi, se uno ama se stesso e il prossimo nel senso cristiano del termine, sa che il gesto d’amore più importante che può fare è stare a casa. Un gesto d’amore per se stessi, per gli altri, per la comunità. Un gesto di responsabilità importante
Giuseppe Del Signore
Il Mondo è cambiato certo ma ho un quesito : qualcuno si sta preoccupando per la questione treni ?! Perché se siamo ammassati come delle sardine come di consueto , sarà facile continuare a contagiarsi … ma prima o poi si dovrà tornare a lavorare e io sono altamente preoccupata ..