Osservatorio 17-11 / Un nuovo vestito per Babbo Natale

Il 2023 sarà con tutta probabilità l’anno più caldo mai registrato, probabilmente in attesa del 2024 o del 2025. Occorrerebbe non considerarli più record, ma semplici tappe, per prestare più attenzione al processo che all’evento puntuale. La scorsa settimana Nature ha pubblicato un articolo in cui si spiegava che il programma Copernico dell’Ue ha rilevato in ottobre un aumento della temperatura di 1.43°C rispetto alla media pre-industriale, mentre l’organizzazione non-profit “Climate Central” ha esaminato le temperature giornaliere di 920 città in 175 paesi diversi tra novembre 2022 e ottobre 2023 registrando un aumento medio di 1.32°C rispetto al periodo 1850-1900. Solo numeri, che non hanno alcun valore per l’opinione pubblica, perché non è con i numeri che si costruiscono gli immaginari.

Come sentire vicino il cambiamento climatico allora? Forse pensando che quest’anno non nevicherà e che la neve diventerà un evento sempre più raro in pianura. Non è una profezia – e potrebbe tranquillamente essere smentita da una brusca variazione meteo, da non confondere col clima – ma se l’aumento di temperatura dovesse mantenersi tale anche durante l’inverno difficilmente ci saranno le condizioni meteorologiche per vedere la neve in pianura Padana. Il bollettino Arpa “Idrometeo” di ottobre chiarisce che da dicembre a marzo si attendono temperature superiori alla norma e precipitazioni intorno o superiori alle medie stagionali; quindi dal cielo l’acqua dovrebbe arrivare, ma in forma liquida. In attesa di sapere se sarà o meno un “Bianco Natale”, c’è un altro fenomeno che nel corso dell’ultimo decennio si è attenuato rispetto al passato: la nebbia.

Se la nebbia si dirada – e qualcuno ne gioirà – se la neve si fermerà a quote superiori, potrebbe sembrare anche questo un dato insignificante e qualcuno ne gioirà pensando al risparmio sul riscaldamento (vanificato dai costi per il raffrescamento estivo), ma in realtà questo chiederà un passaggio epistemologico perché cambieranno i riferimenti culturali e l’interpretazione che la comunità fa del mondo. Per fare un esempio banale, senza camini e neve è difficile immaginare un bonario nonno vestito di pesantissima lana nella notte di Natale, che sembrerà al più buffo alle nuove generazioni.

Sì perché, come precisa papa Francesco nella Laudate Deum, mentre prima questi cambiamenti avvenivano nell’arco di secoli o millenni, ora li si osserva nell’arco delle diverse fasi della vita perché «basta una sola generazione». Boomer e millennials ricordano una nebbia padana che non è quella della generazione Z. Il cambiamento climatico non muta solo il mondo, ma anche la visione che l’umanità ne ha e di conseguenza l’umanità stessa; come in una glaciazione preistorica il clima impone all’uomo un nuovo adattamento a condizioni che l’uomo stesso ha provocato. Mentre il Medio Oriente brucia per la guerra, a pochi chilometri di distanza, tra due settimane si riunirà la Cop28 di Dubai, ospitata da un «grande esportatore di energia fossile». A questa il pontefice chiede una svolta: «Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, “verde”, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici. Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli. Per questo si richiede un coinvolgimento di tutti».

Gds

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