Il racconto / La notte della ballerina volante

Le ballerine erano giovanissime, e tutte eccezionali. Si vedeva che avevano studiato, e sodo. Ma evidentemente non abbastanza. Non sembravano mai soddisfatte. Quando terminavano la loro esibizione di fronte al pubblico che affollava il teatro, rientravano dietro le quinte con lo sguardo basso e la faccia scura, con gli angoli delle labbra verso il basso, nessun sorriso sui volti di bambine.

Poi arrivò lei. Era enorme, grassa come una balena, e ridicola con quel tutù che sembrava affondare tra le pieghe dei fianchi e della pancia. Appena comparve alla ribalta, per tutte le file delle poltroncine si ripercosse un brivido, una specie di mormorio. Una risata subito soffocata sul nascere, come per dire: aspettiamo almeno che faccia il suo numero, poi la sbeffeggeremo. Invece, non appena la gigantesca ragazza ebbe mosso i primi passi, la folla si gelò. Definirli passi, in effetti, non sarebbe corretto. Sarebbe più esatto dire che la ragazza non camminava e non danzava, ma volava. Si spostava da una parte all’altra del palcoscenico senza quasi toccare terra coi piedi, forse per via di quelle braccia enormi come ali, che trasportavano senza nessuno sforzo quel corpo mastodontico.

La ragazza volava nell’aria, volteggiando dolcemente, come se quella massa di carne fosse vuota dentro.

Ecco, guardatemi – pareva dire agli uomini e alle donne che la osservavano a bocca aperta – non è vero che sono grassa. Sono solo enorme, ma dentro di me c’è solo la mia anima: questa carne è una maschera, io non sono davvero così. Io sono libera, vedete come mi sposto facilmente? Io sono fatta d’aria, sono l’aria stessa, quella che voi ed io respiriamo ogni giorno, ogni attimo. Anche adesso, voi state respirando me.

Quando la musica si fermò, la ragazza era sparita. Nessuno l’aveva vista andarsene, nessuno ebbe il coraggio di applaudire. Forse perché, in fondo, non era successo niente.

Forse, pensava ognuno degli spettatori, ho avuto un’allucinazione, una visione. Chissà se è successo anche agli altri.

Ma nessuno osava chiedere al vicino di posto se avesse visto una ragazza enorme ballare come una fata dei boschi, spostandosi con leggerezza nella notte tiepida di maggio. Nessuno applaudì, nessuno parlò, e tutti quella notte tornarono a casa con un sorriso segreto chiuso nel cuore.

Davide Zardo

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