La storia del partigiano “Gugia”

Animatore del mondo cattolico pavese assieme a Teresio Olivelli, e come il beato lomellino in prima fila per difendere la libertà del suo paese. E’ questa la storia di Cornelio Fornasari, nome di battaglia “Gugia”: un partigiano, un cattolico, che anche nella Resistenza portò avanti i suoi valori di solidarietà e coraggio. A raccontare la sua vicenda, nel 79esimo anniversario della Liberazione, è Emanuele Gallotti, docente pavese in pensione (e originario di Mede) ed ex vicepresidente nazionale dell’Associazione Partigiani Cristiani.

A PAVIA «Nato il 27 febbraio 1920 a Cesano Maderno da Filippo e Luisa Rieder, Fornasari trascorse la giovinezza ad Ivrea, dove si distinse per il suo attivismo nell’Azione Cattolica Eporediese – racconta Gallotti – Dopo gli studi liceali, si iscrisse alla facoltà di Medicina e Chirurgia a Pavia, distinguendosi e ottenendo un posto al Collegio Borromeo». Qui continuò il suo attivismo all’interno del mondo cattolico, dove ebbe modo di conoscere Teresio Olivelli: «A Pavia, sotto la guida spirituale di don Antonio Poma, poi cardinale arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, si dedicò all’Azione Cattolica e alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana, diventandone presidente diocesano. Fondò i “Crociati della Libertà” e “Il Covo” con don Lino Muzio, don Luigi Gandini, Tullio Del Bo, Teresio Olivelli, Pierfranco Marchetti, suo compagno di lotta partigiana con il nome Patuski, Giuseppe Calvi, Enrico Magenes, i futuri parlamentari Bruno Fassina e Virginio Rognoni e altri ancora».

RESISTENZA Convinto del dovere morale di opporsi all’occupazione straniera, nel luglio del 1944 Fornasari si arruolò nella 76esima Brigata Garibaldi “Gallo Battisti” con il nome di battaglia “Gugia”, insieme all’amico Pierfranco Marchetti, come ricorda Gallotti: «Il suo coraggio e la sua abilità organizzativa gli valsero la Croce al Valor Militare nel 1957, per il suo ruolo negli scontri a Quincinetto e Ivrea». Mentre era tra i partigiani, aiutò il servo di Dio Gino Pistoni, suo compagno di battaglia, nel soccorrere un nemico ferito, gesto in cui Pistoni trovò la morte per mano dei tedeschi.

Dopo la guerra, tornò agli studi di Medicina laureandosi nel 1946 e intraprendendo la carriera di medico condotto, servendo con dedizione nelle comunità di San Benigno Canavese, Lemie-Usseglio e infine a Robecco sul Naviglio, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita.

L’EREDITA’ La scomparsa di “Gugia” il 29 luglio 1973 in un incidente automobilistico in Valgrisenche, Valle d’Aosta, lasciò un vuoto nella sua comunità: «Ma il suo eroismo e impegno – è il parere di Gallotti – civile continuano a ispirare generazioni successive. Il diario di Fornasari, pubblicato postumo, rivela le profonde riflessioni di un uomo coinvolto nella Resistenza Armata, testimoniando un costante confronto tra il desiderio di giustizia e l’umanità. Contrariamente alle esecuzioni sommarie, Fornasari sosteneva l’importanza dei valori umanitari, inclusa l’assistenza ai feriti nemici, dimostrando un approccio compassionevole anche verso gli avversari. Il suo desiderio di trattare i prigionieri con umanità e rispetto per i diritti umani evidenzia la sua maturità morale e determinazione a mantenere alti standard di umanità e giustizia, anche in tempi di conflitto. Oggi, l’eredità di Cornelio Fornasari “Gugia” continua a ispirare le generazioni future a difendere i valori della libertà, giustizia e solidarietà, pilastri fondamentali di una società civile e democratica».

Alessio Facciolo

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