La tradizione del presepe, «Vangelo vivo»

«Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia. Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia». Con queste parole Papa Francesco commenta e valorizza la bella tradizione che da secoli accompagna la vita delle famiglie cristiane nel periodo natalizio. Un’usanza, spiega il Pontefice, tutt’altro che folkloristica ma che diventa anzi «un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura». E così ogni casa, ogni luogo di lavoro, ogni edificio pubblico dove ancora si conserva l’abitudine di raccontare con le statuette il mistero della Notte Santa, diventa teatro dell’annuncio meraviglioso «di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo», di scoperta di quanto

Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui.

MANGIATOIA Ma da dove viene questa straordinaria invenzione che ancora oggi continua ad affascinare grandi e piccoli e che, con lo scorrere del tempo, è diventata anche una significativa forma d’arte? «L’origine del presepe trova riscontro anzitutto in alcuni dettagli evangelici della nascita di Gesù a Betlemme. L’Evangelista Luca dice semplicemente che Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (2,7). Gesù viene deposto in una mangiatoia, che in latino si dice praesepium, da cui presepe».

LAZIO Tuttavia per arrivare alla rappresentazione della scena evangelica così come la conosciamo oggi, occorre fare un viaggio un po’ più vicino a noi. «Ci rechiamo con la mente a Greccio, nella Valle Reatina, dove San Francesco si fermò venendo probabilmente da Roma, dove il 29 novembre 1223 aveva ricevuto dal Papa Onorio III la conferma della sua Regola. Dopo il suo viaggio in Terra Santa, quelle grotte gli ricordavano in modo particolare il paesaggio di Betlemme». Sull’onda di questa emozione, frate Francesco pensò di riprodurre nel piccolo villaggio di Greccio il racconto di Betlemme e «in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello».

PRESEPE VIVENTE Il 25 dicembre questo suo desiderio trovò realizzazione. «La gente accorsa manifestò una gioia indicibile, mai assaporata prima, davanti alla scena del Natale. Poi il sacerdote, sulla mangiatoia, celebrò solennemente l’Eucaristia, mostrando il legame tra l’Incarnazione del Figlio di Dio e l’Eucaristia. In quella circostanza, a Greccio, non c’erano statuine: il presepe fu realizzato e vissuto da quanti erano presenti». Provocatoria la conclusione che dall’episodio trae Papa Francesco: «Il presepe è un invito a “sentire”, a “toccare” la povertà che il Figlio di Dio ha scelto per sé nella sua Incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spogliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. È un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi (cfr Mt 25,31-46)».

don Carlo Cattaneo

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