Imparare lo sguardo di compassione e di tenerezza che genera comunità capaci di mostrare il volto di Dio. Questo l’atteggiamento suggerito dal Vescovo Maurizio nella solenne Messa crismale, celebrata giovedì mattina in Cattedrale. Presenti anche l’arcivescovo mons. Vincenzo Di Mauro e il vescovo mons. Ottorino Assolari insieme a quasi tutto il presbiterio diocesano, con anche religiosi e religiose e una buona rappresentanza del popolo di Dio.
PASTORALE «Esorto a meditare nel Triduo Santo il mistero della morte – ha detto nell’omelia mons. Gervasoni – Venerdì adoreremo la croce, ossia venereremo il mistero di Dio che in essa si rivela e si dona a noi, restituendoci verità, attraverso ciò che sta dietro allo sguardo, che ci suggerisce Giovanni, la compassione, la riflessione e il pentimento». Da qui il collegamento con il Programma pastorale di questo anno che, esaminando il momento delle Esequie, chiama la Comunità cristiana a riflettere sul grande mistero della morte che, paradossalmente, può diventare momento generativo.
La comunità umana di fronte alla morte di una persona buona o comunque non malvagia e detestata, si muove a pietà perché ascolta il dolore profondo che il mistero della morte suscita in ciascuno di noi. E si crea comunità.
COMPASSIONEVOLI Ed è proprio su questo aspetto apparentemente contraddittorio che ha fatto leva il Vescovo, introducendo un atteggiamento profondamente evangelico che lo stesso Santa Padre ha richiamato ai vescovi lombardi durante la recente Visita “Ad limina apostolorum”. «Viene allora in mente la provocatorietà dell’esortazione di Gesù, soprattutto nel vangelo di Luca, di avere compassione. Ciò che spinge il buon samaritano è la compassione, il tratto più profondo del padre del figlio prodigo è la misericordia di chi gioisce che chi era perduto sia stato ritrovato. Dello stesso tipo è il sentimento del buon pastore che va alla ricerca della pecora perduta e, pieno di gioia e di tenerezza, ritorna all’ovile contento di averla trovata ancora viva».
LIBERTA’ ALLA PROVA Provando a calare questa esortazione nella concretezza del quotidiano, mons. Gervasoni ha poi richiamato il tema dell’empatia, affermando che essa «chiede un atteggiamento di libertà di fronte a un’altra libertà, perché l’altro non si rapporta a me alla maniera delle cose, ma al modo che chiede reciprocità, ossia riconoscimento assoluto che ha valore, come io percepisco il valore di me stesso. Questo sentire di appartenere a un mistero comune che chiede di essere ripreso dalla libertà e agito mette alla prova la libertà in modo radicale. E’ importante rilevare che ciò non accade nel pensare, ma con il sentire, che, però, chiede una decisione. O ci si chiude sul proprio desiderio e si domina, o ci si apre all’altro come dono». Punto di arrivo di questo cammino è la tenerezza, che il Vescovo ha richiamato come generativo di una nuova comunità ecclesiale che sia «comunità che vive dell’amore di Dio nella storia segnata da passione e morte, ma non disperante». A questa esortazione ha fatto seguito il rinnovo delle promesse sacerdotali e la benedizione degli oli.
Don Carlo Cattaneo