Osservatorio 20-10 / Rappezzare la bambola

Sono tante le immagini che colpiscono del conflitto scoppiato in Medio Oriente. La ragazza trascinata a forza su una moto, la festa interrotta del rave con i deltaplani che atterrano sparando, i bambini uccisi nei kibbutz e per le strade di Gaza, una bambola di pezza dal vestito viola abbandonata sulle macerie, lo sguardo perso nel vuoto.

Sono quasi tutte civili le vittime di questo conflitto che non ha un nome preciso – guerra tra Israele e Hamas? – ma ha già consumato migliaia di vite, un numero imprecisato tra trecento e più di cinquecento solo nello spazio di un’esplosione all’ospedale Al-Ahli, un elemento che è stato sottolineato da sabato scorso, quando il Medio Oriente è tornato il centro dell’instabilità mondiale. Tuttavia hanno anche un’altra caratteristica che le accomuna e che resta in tutte le immagini che corrono e si perdono (in quale cassetto sono Bucha o Mariupol oggi? Forse nello stesso dove erano rimaste Gaza o Ashkelon fino a ieri): sono quasi tutti giovani. Anche tra chi uccide, chi preme i
“grilletti”, la maggior parte sono giovani, basti pensare al vociare esaltato dei terroristi che trascinavano via la ragazza disperata, Noa.

Altre immagini. La conferenza stampa di Joe Biden a Tel Aviv, quella di Benjamin Netanyahu subito dopo l’attacco, Vladimir Putin che cerca di riconquistare il centro della scena, Xi Jinping sullo sfondo… tutti leader “ottuagenari”. Anche quelli di Hamas sono “vecchi”: sono nati negli anni Sessanta in una terra in cui l’età media è di 18 anni e quasi un abitante su due ha meno di 14 anni. Quale idea del mondo, quale predisposizione al rischio della vita degli altri, quale al dialogo hanno persone con alle spalle un vissuto tanto lungo e, da capi politici, il pensiero, a volte l’ossessione, dell’eredità che lasceranno?

La scena non era stata molto diversa nel febbraio del 2022 con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Certo qualche leader di mezza età c’è: Zelensky, Meloni, Macron, Sunak, il saudita Bin Salman, ma pur giocando ruoli più o meno importanti non sono gli attori principali. Soprattutto non è una questione d’età, quanto di visione: di nuovo, tra chi uccide i più sono giovani anagraficamente, vecchi nella concezione di un mondo in cui la violenza può risolvere i conflitti. E allora chi propone una visione capace di far tornare quello di Noa un grido di gioia e non di terrore di rattoppare quella bambola tra le macerie di Gaza e gli occhi spenti della bambina che la stringeva?

«Il mondo sta diventando così multipolare e allo stesso tempo così complesso che è ì necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace. Non basta pensare agli equilibri di potere, ma anche alla necessità di rispondere alle nuove sfide e di reagire con meccanismi globali a quelle ambientali, sanitarie, culturali e sociali, soprattutto per consolidare il rispetto dei diritti umani più elementari, dei diritti sociali e della cura della casa comune». Così scrive papa Francesco nella “Laudate Deum”, apparentemente dedicata ad altro. 86 anni, il più vecchio di tutti. Non è una questione d’età. Per cieli nuovi e terra nuova servono anche uomini e donne nuovi.

Gds

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