Osservatorio 01-12 / Una banale rotonda

Una provinciale qualunque di un qualunque angolo d’Italia. Sera, una pioggerellina leggera, auto e camion che procedono lenti nel traffico serale, chi si appresta a rientrare chi inizia il turno di lavoro. All’altezza di una rotonda la maggior parte dei veicoli frenano; per un’auto solitaria è l’occasione: rapido sguardo allo specchietto e via, 150 metri di linea continua per superare un po’ degli altri mezzi e arrivare qualche minuto prima a destinazione. Una manovra non consentita dal Codice della strada – e dal buon senso – che tuttavia si vede ogni giorno, in continuazione. 

Questa volta però è una di quelle in cui non tutto va bene: al momento di reimmettersi l’autista si rende conto che le auto davanti sono già ferme; deve inchiodare, costringendo a una brusca frenata anche la macchina che se lo è trovato davanti. Per il camion dietro lo spazio di frenata è troppo poco, l’impatto inevitabile. 

L’acqua del radiatore dappertutto, il lunotto posteriore esploso con vetri sia sulla strada sia all’interno dell’abitacolo, il traffico bloccato. Un incidente, come tanti, di quelli in cui ci si può fare male più o meno seriamente a seconda dei mezzi coinvolti, della velocità, del caso. Sul posto intervengono due ambulanze – sono almeno due le persone coinvolte – i vigili del fuoco, c’è stato versamento di liquidi in strada, e una volante di carabinieri o polizia per i rilievi del caso. 

Tutto routine, perché dedicare una riflessione a una simile banalità? Perché quella manovra non è solo una grave violazione delle norme di circolazione che può provocare danni a cose o persone, ma anche il segno di una concezione dell’esistenza in cui al centro c’è solo l’individuo, con le sue esigenze. Tutto origina da un semplice pensiero: io voglio arrivare qualche minuto prima, anche se per farlo dovrò correre un rischio e farlo correre ad altri, non solo quelli che sono rimasti coinvolti nell’incidente, ma anche le decine di migliaia di persone, forse centinaia, che per l’ora successiva dovranno fare a meno dei mezzi di soccorso impegnati sul luogo dell’incidente. Due ambulanze, un camion dei pompieri, una volante spesso rappresentano la totalità delle risorse disponibili di un territorio, soprattutto in orario serale, il che vuol dire ce ne sono altre da dispiegare ovunque dovesse esserci un’urgenza. Probabilmente in quell’ora non succederà nulla e andrà bene così, ma è un rischio assunto da una sola persona, per il suo interesse personale, per un’intera comunità. Non occorre demonizzare chi era al volante, magari si trattava di una madre che semplicemente non vedeva l’ora di rivedere suo figlio e ha agito con egoistica incoscienza. E irresponsabilità, perché l’individuo, se è centro di ogni cosa, conviene che non sia responsabile per altri: l’autista avverte il trambusto alle sue spalle, vede il fumo, si ferma un attimo, ma la sua auto non è stata colpita. Bene, ci sono quei tre minuti che ha appena guadagnato. Via, verso la meta. 

Giuseppe Del Signore 

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