Il Racconto / Disservizi segreti

Quando il colonnello Ulisse del SERSE (Servizio Segreto) ebbe terminato il suo intervento, nell’aula-bunker cadde un silenzio imbarazzante. Ma davvero un silenzio che lasciava molti sorpresi dalle parole pronunciate in quell’occasione. Nessuno aveva capito per quale governo lavorasse il SERSE. Non lo sapevano nemmeno i suoi stessi componenti, ed era proprio su questo che si basava l’efficacia del sistema. Servizio segreto. E basta.

Lo scenario illustrato dal colonnello Ulisse era a dir poco allarmante: l’OSIRIS, l’Organizzazione degli Stati Indipendenti Riuniti per l’Islam Sovrano, stava avanzando verso l’Europa conquistando il Medio Oriente.
Sir Hugo del SUGO (Servizi Uniti dei Governi Occidentali), sbuffò una nuvola di fumo dalla pipa di schiuma.
Simone Sans-Souci, vicedirettrice del SISSI (Servizi Internazionali Segreti Senza gli Italiani), alzò le spalle, sgranando gli occhioni celesti.
Il generale Silvano Serracchioni del SISER (Servizi Italiani Sottomessi all’Europa Riunita) si grattò la testa ormai quasi completamente calva.

Nello stesso momento Mammah Li Turk, il terrorista internazionale campione di travestimenti, sogghignò da sotto la tovaglia che lo trasformava in un perfetto carrello da tè e si preparò a premere il pulsante che avrebbe fatto esplodere la stanza più nascosta e fortificata del Servizio Segreto. Le rotelle fissate alle mani e alle ginocchia gli davano un fastidio tremendo, ma tra poco sarebbe finito tutto.
Solo un attimo prima del fatidico click, però, riconobbe la voce del suo principale finanziatore, il califfo Bad Ah Ben Lì, che ordinava al cameriere una focaccina all’uvetta.

Mammah imprecò. Era nel palazzo giusto, ma nell’ufficio sbagliato. L’aveva sempre detto che quella mania di infiltrarsi in casa del nemico – pensò mentre il carrello esplodeva distruggendo il covo segreto del califfo e tutto lo stato maggiore dell’OSIRIS – un giorno o l’altro gli si sarebbe rivoltata contro.
Sir Hugo stava ricaricando la pipa quando avvertì un rimbombo lontano. “Cos’è stato?”, disse.
Il colonnello Ulisse inarcò un sopracciglio, carezzandosi il pizzetto sale e pepe. “Quelli nell’ufficio dell’OSIRIS, credo. Glielo dico sempre, di non sbattere la porta della cantina. Ma loro, niente. Barbari, ecco cosa sono”.

Davide Zardo

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