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Nel 2021 sembrava arrivato il momento di un Its a Vigevano: Jobs Factory – Its Academy di Bergamo – progettava di estendersi da Pavia alla città ducale con due percorsi, informatico e meccatronico. Meno di tre anni dopo Jobs Factory abbandona Pavia – l’ultimo corso si concluderà a novembre – e il territorio resta scoperto, con la sola offerta di un percorso presso il Cardano di Pavia (in collaborazione con Its Lombardo meccatronica di Sesto San Giovanni) e un altro forse in arrivo sempre nel capoluogo. Alberto Henin, già dirigente scolastico ed ex direttore della Fondazione “Pavia Città della Formazione”. Henin, la Provincia è periferia nel panorama Its?
Sì, il territorio è sguarnito. La filiera di Pavia è stata assorbita da una maggioranza di soci di Bergamo e la fusione tra Confindustria Pavia e Assolombarda ha orientato gli imprenditori su Milano. E’ il destino minoritario di Pavia, che non ha mai manifestato progettualità decise. Lodi, più piccola, ma proattiva e più coraggiosa, ha una sua fondazione Its sull’agroalimentare; hanno scommesso di più. Pavia, dopo il fuoco del 2020, si è seduta.
Perché Jobs Factory lascia?
«Per i costi che ha un Its tra docenti, laboratori, affitto di sede, si regge solo se si fanno almeno 2 percorsi, cioè 4 classi, 2 primi anni e 2 secondi anni».
Tramonta anche l’ipotesi di un Its in Lomellina.
«Il modello “4+2” prevede che dopo i 4 anni di tecnico o professionale ci si diplomi e poi si facciano altri 2 anni di Its. E’ un’idea che può dare risultati, perché concentri in 4 anni una preparazione che ormai è tipicamente liceale, culturale, e in 2 si aggiunge quella tecnica e professionalizzante. Così però in ogni polo scolastico con dei tecnici dovrebbero esistere uno o più Its».
E’ una prospettiva realistica e quali aree tecnologiche dovrebbero essere interessate?
«A Vigevano una scuola abbastanza attenta al tema è il Caramuel, che aveva espresso un interesse a sviluppare un accordo nella meccatronica. Jobs Factory ha risposto no perché stava già pensando di ritirarsi. Il Casale potrebbe essere interessato a percorsi nelle costruzioni o nel settore di amministrazione e gestione del personale. Si tratta però di uno scenario tutto da costruire».
E’ anche conseguenza di un minore peso industriale della Provincia?
«Un ruolo lo hanno le politiche regionali. Piemonte ed Emilia Romagna ci precedono nel ranking nazionale, hanno fatto un’attenta politica di pianificazione dal centro, che in Lombardia è mancata. La Regione ha lasciato che fossero le singole realtà a proporsi e c’è stata una grande corsa che ha premiato le maggiori potenzialità di province come Milano, Bergamo, Monza Brianza».
Ma il sistema è in salute?
«Guardando il rapporto Indire mi sembra che stia crescendo, i livelli di collocamento sono in lenta progressione. Ci sono criticità: sono ancora molto marginali nel panorama della formazione post-diploma; c’è un grosso scarto tra numero di idonei e di iscrizioni effettive, segno che l’orientamento non funziona bene e inizia troppo tardi; c’è un problema di abbandoni, legato soprattutto al sud Italia, fermo restando che un 15-20% lo considero fisiologico in quanto durante il percorso capita che le aziende assumano il corsista; c’è ancora uno strapotere dell’università, che avvince ragazzi e famiglie così come le categorie professionali, ad esempio ministero della Giustizia e ordine dei geometri stanno ragionando sull’idea di ammettere alla professione non più tramite esame, ma tramite laurea professionalizzante».
Gli Its funzionano?
«Sì quando sono radicati in un contesto: la Lombardia primeggia nella mobilità sostenibile, grazie a una realtà come l’Its di Somma Lombardo e Gallarate, che di fatto forma i quadri tecnici delle ditte che lavorano all’aeroporto di Malpensa, e nella meccatronica, dove c’è una tradizione imprenditoriale importante».
Giuseppe Del Signore