“Ddl Zan” – conosciamolo oltre gli slogan

In primo piano il Decreto Legge Zan che attende l’approvazione definitiva del Senato e che porta con sé numerose perplessità, prese di posizione e polemiche, soprattutto per i delicati temi che mette sul tavolo e che comportano anche una visione etica e culturale della vita e del vivere sociale. Ma al di là degli slogan o delle manifestazioni di piazza, chi conosce davvero cosa dice questo Ddl? Proprio per evitare i rischi dell’approssimazione e degli slogan, L’Araldo apre un dibattito che vuole percorrere gli aspetti giuridici della legge e, con loro, quelli culturali ed etici. Per avviare la discussione abbiamo chiesto al dott. Cesare Beretta, già Presidente di Sezione del Tribunale di Pavia di aiutarci ad approfondire questo aspetto fondamentale del Ddl Zan.

Si può discutere un disegno di legge discutibile?

In vista del possibile definitivo esame in Senato si è tornati a discutere del disegno di legge Zan contenente “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. Da un lato i proponenti, convinti che le nuove norme sono necessarie per tutelare talune categorie di persone i cui modi di essere o di presentarsi potrebbero dar luogo ad atti discriminatori o frutto di odio. Pur ammettendosi da parte di taluni che il testo meriterebbe dei ritocchi, si sollecita comunque l’approvazione di una legge riconosciuta imperfetta, ma da correggere nel tempo. Posizione cui si può obiettare: perché non fare oggi quello che si ignora di poter fare domani? Dall’altro lato c’è chi evidenzia alcuni non trascurabili problemi posti dalla normativa all’esame del Senato e ne auspica alcune modifiche, soprattutto in funzione del rispetto della libertà di pensiero, garantita dalla Costituzione; Altri ancora paventano il rischio che le norme in questione, soprattutto l’art.7, si propongano di elevare il pensiero unico a modello, mirando a impedire con la sanzione qualsiasi dissenso o proposta di modello alternativo, che sarebbe sic e simpliciter discriminatorio.

OSS Coronavirus 22-01 - Senato Palazzo Madama
Palazzo Madama

Con il direttore, che mi ha chiesto un intervento incentrato sugli aspetti strettamente giuridici, abbiamo convenuto sul’opportunità di affiancare alle mie riflessioni il testo degli articoli più significativi del disegno di legge. Così il lettore avrà la possibilità valutare le riflessioni qui proposte a ragion veduta. Si ha sovente l’impressione che molti parlino di questo disegno di legge per slogan, senza averlo mai letto né tutto né in parte, limitandosi ad affermare una presa di posizione “sui diritti”. Diciamo subito che ognuno di noi ha il diritto a non vedersi offeso, ostracizzato, minacciato, sottoposto a violenza fisica o morale per quello che è o manifesta di essere, anche senza dover essere catalogato in una determinata categoria specifica. Dopo di che è un dato di fatto che singole persone o gruppi sono stati o sono oggetto di comportamenti discriminatori, perché di essi viene negata l’uguaglianza sulla scorta di talune caratteristiche che dal 2018 il nostro codice penale, all’art.604 bis, individua in motivi razziali etnici nazionali e religiosi. A questi quattro motivi il disegno di Legge Zan (art. 2) vorrebbe aggiungere quelli fondati sulla disabilità, nonché sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, individuati sulla base di definizioni che la stessa legge esplicita all’art. 1. Svolgerò le mie considerazioni, utilizzando come base di partenza alcune domande che il direttore mi ha posto come possibile filo conduttore.

Art. 1 (Definizioni) 1. Ai fini della presente legge: a) per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico; b) per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso; c) per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; d) per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione.

1) Quali sono, in sintesi, i punti cardine del DDL Zan, l’architettura della legge? 2) E’ frutto di un preciso modello culturale dell’uomo e della società?

Art. 2 (Modifiche all’art. 604-bis del codice penale) 1. All’articolo 604-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, lettera a), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità»; b) al primo comma, lettera b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità»; c) al secondo comma, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: « oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità»; d) la rubrica è sostituita dalla seguente: «propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, istigazione a delinquere e atti discriminatori e violenti per motivi razziali, etnici, religiosi o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità».

Cesare Beretta
Beretta, già Presidente di Sezione del Tribunale di pavia

VISIONE UNICA Di solito i commentatori pongono l’accento sui pericoli per la manifestazione di un pensiero davvero libero, con il rischio che per il solo fatto di esporre tesi e convincimenti non in linea col pensiero unico o conformista, relativamente a certe preferenze o orientamenti sessuali oppure al vivere la propria individualità sessuale in modo contrastante con il sesso biologico si possa essere accusati di propagandare idee o sollecitare comportamenti discriminatori. A mio modesto avviso, non è lì il punto cardine dell’architettura della legge, che io vedrei piuttosto nel combinarsi degli articoli 1 e 7, in quanto disegnano o preconizzano un modello sociale e culturale che privilegia una sessualità “liquida”, bastevole a se stessa. Ciò si può ricavare guardando le definizioni elencate all’art. 1, soprattutto quelle di genere e di identità di genere, entrambe generiche (non è un gioco di parole), perché onnicomprensive. In sostanza il “genere” sarebbe rappresentato da qualsiasi manifestazione esteriore connessa al sesso da parte di una persona, manifestazione che può essere una cosa oppure il suo contrario (“conforme o contrastante con le aspettative sociali”). L’identità di genere sarebbe l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione. Tradotto in italiano ciò significa che un uomo può sentirsi donna o viceversa o tutte e due le cose o qualcos’altro ancora, come ricavabile, a contrario, all’elenco di fobie all’art.7, e conseguentemente manifestare o esercitare le proprie preferenze o orientamenti sessuali.

Tribunale giudice

Il senso di queste definizioni si appalesa all’art. 7, nel quale, oltre a istituire la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, si prevede che le pubbliche amministrazioni e le scuole promuovano cerimonie, incontri per pervenire a una cultura del rispetto e dell’inclusione. Secondo il legislatore, non basta dunque un normale percorso di educazione civica o di semplice educazione al rispetto dell’altro, che dovrebbe essere una finalità, ancorché magari implicita, del percorso scolastico, ma è opportuno che si spieghi cosa sono l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, e perciò necessariamente cosa sta dietro l’ipotetica fobia (confesso che finché non ho letto l’art. 7 del ddl non sapevo neanche che potesse esistere una bifobia, cioè, par di capire, l’atteggiamento discriminatorio verso persone con orientamento bisessuale).

Art. 7 (Istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia) 1. La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione 2. La Giornata di cui al comma 1 non determina riduzioni dell’orario di lavoro degli uffici pubblici né, qualora cada in un giorno feriale, costituisce giorno di vacanza o comporta la riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado, ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54. 3. In occasione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile per la realizzazione delle finalità di cui al comma 1. Le scuole, nel rispetto del piano triennale dell’offerta formativa di cui al comma 16 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, e del patto educativo di corresponsabilità, nonché le altre amministrazioni pubbliche provvedono alle attività di cui al precedente periodo compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

In questo credo sia possibile intravedere l’obiettivo di un nuovo modello di società e, perché no, anche di individuo. Tuttavia vale la pena di osservare che di solito una legge arriva per disciplinare situazioni già presenti nella società. In un certo senso potremmo dire che la legge rende ufficiale ciò che già esiste nei fatti. La nuova previsione legislativa appare pertanto coerente con tale prospettiva. Se il disegno di legge venisse approvato così com’è, la rubrica dell’art.604 bis codice penale diventerebbe questo: “Propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, istigazione a delinquere e atti discriminatori e violenti per motivi razziali, etnici, religiosi o fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”. Come se genere, orientamento e identità sessuale rappresentassero tre realtà autonome e non diverse declinazioni del modo di vivere la propria sessualità. Verrebbe da aspettarsi che prima o poi qualcuno solleciterà la modifica dell’art. 3 della Costituzione, proponendo che, nel definire l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, dopo la parola sesso si aggiungano le parole “genere, orientamento sessuale, identità sessuale”.

3- Quali lacune e quali rischi comporta a livello giuridico e a livello culturale?

l'onorevole Zan
l’onorevole Zan

AMBIGUITA’ Come abbiamo accennato il disegno di legge Zan amplia le ipotesi delittuose dei reati di discriminazione aggiungendo le quattro categorie già citate, cioè sesso genere, orientamento, identità sessuale, ai motivi, razziali, etnici nazionali e religiosi. Su questo non c’è molto da dire. Di fronte ad atteggiamenti violenti, minacciosi, lesivi dell’integrità e della dignità di una persona in relazione a talune sue qualità personali, sull’assunto che tali qualità lo renderebbero inferiori ad altri, la sanzione penale può essere indicata. Ci si è posti il problema se tale previsione di legge possa essere propedeutica ad una limitazione del diritto di manifestazione del pensiero di chi non condivida le definizioni di sesso, genere, orientamento ed identità sessuale fornite dall’art.1. Il testo della legge, come sovente succede, lascia spazio a qualche perplessità. Se rileggiamo la nuova rubrica dell’art. 604 bis e poi la lettera a) del primo comma vediamo che essa stabilisce l’illiceità solo della propaganda di idee sulla superiorità e sull’odio razziale o etnico. Altre idee o altre manifestazioni di pensiero diventano illecite solo se raggiungono la forma di istigazione ad atti discriminatori, ma se sono prive di quel connotato non rientrano nella previsione di reato. Questa è la lettera della legge e questa dovrebbe essere la corretta interpretazione. Il che sembrerebbe far salva la manifestazione di opinioni e di valori contrastanti con le definizioni di sesso, genere orientamento e identità sessuale date all’art.1. Ma, come spesso succede, c’è un ma! Riporto l’art. 4 del testo Zan:

Art. 4. (Pluralismo delle idee e libertà delle scelte) 1. Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.

Costituzione Italiana - art 1

Al di là del contorsionismo lessicale (la Costituzione impiega nove parole per dire che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero»), questo articolo sembra far rientrare dalla finestra ciò che non era entrato nella porta. Come visto, in base all’art. 604 bis, che è la norma incriminatrice, le idee non fondate sulla superiorità o l’odio razziale ed etnico diventano illecite solo quando raggiungono il livello dell’istigazione ad atti discriminatori per tutti gli altri motivi elencati. L’art. 4 sembra in contraddizione con il precedente articolo 2, posto che fa salve le idee solo quando inidonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti. E qui c’è il ma! Perché il concreto pericolo è qualcosa di diverso, di meno preciso e meno univoco dell’istigazione. Per intenderci. L’esortazione “quello è un infame, dagli una bella lezioni anche da parte mia” costituisce un’istigazione. La frase “ quello è un infame, meriterebbe una lezione” non è un’istigazione, ma potrebbe determinare il concreto pericolo di essere accolta e realizzata. Ma quest’ultima prospettiva non è contemplata nella norma incriminatrice. A che serve una norma per far salva la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, se ciò, quando non costituisce istigazione, è lecito per definizione?

Non si esce da questa alternativa: o l’art. 4 è superfluo perché il concreto pericolo di cui parla coincide con l’istigazione, oppure è un segnale che nell’art. 604 bis il legislatore voleva dire qualcosa di diverso da quel che appare e cioè considerare illecite anche idee o manifestazioni di pensiero critiche, seppure lontane da ogni forma di istigazione.

Sono convinto che una lettura obiettiva del disegno di legge non possa nascondere queste criticità e che un legislatore che non voglia eliminare subito possibili storture non renda un buon servizio ai cittadini

Cesare Beretta, già Presidente di Sezione del Tribunale di Pavia

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