Arbitri, il fischietto che non c’è più

Alla disperata ricerca di arbitri. Sia nelle categorie dilettantistiche, sia nei campionati Csi si registra nel territorio pavese la mancanza di ragazzi disposti a indossare la giacchetta gialla per dirigere le partite. Episodi di violenza, esigui rimborsi spesa ma anche un sentimento di pigrizia che «è aumentato a partire dal periodo post Covid – evidenzia Marco Bedin, presidente della sezione Aia Lomellina – e un secondo fattore da non tralasciare è il fatto che quella dell’arbitro non è un’attività semplice da svolgere. Spesso i ragazzi si lasciano intimorire dalle difficoltà e decidono di non intraprendere questa strada».

SOS ARBITRI Senza contare che «non sussiste particolare conoscenza riguardo alla figura dell’arbitro e ai suoi doveri». I rimborsi spese limitati e ridotti non incentivano di certo le nuove generazioni a mettere mano al fischietto, sebbene «Aia stia lavorando su questo aspetto – dichiara Bedin – un paio di settimane fa la Figc ha approvato l’aumento del rimborso spese». Essere arbitro «non attira certo simpatie – è il pensiero di Emilio Zanotti, presidente di Aia Pavia – e soprattutto è un ruolo che diventa sempre più complicato riuscire a gestire».

Gli episodi di violenza sono in aumento e questo di certo non aiuta. Essere arbitro significa in primis avere la predisposizione nel rispetto delle regole e della disciplina, in secondo luogo riuscire a farsi obbedire sul campo da gioco.

SOLUZIONI Cosa si potrebbe fare per invertire questo trend? «Dovremmo ricominciare a entrare nelle scuole in modo da farci conoscere personalmente – sottolinea il presidente di Aia Pavia – avevamo siglato un protocollo d’intesa con il Ministero dell’Istruzione. C’è la possibilità di entrare allo stadio gratuitamente per mezzo del tesserino, inoltre è previsto un rimborso spese. Però è difficile riuscire a trovare qualcuno che voglia impiegare il tempo in modo costruttivo».

NEL CSI Nei campionati Csi la situazione da questo punto di vista non è certo delle migliori. «L’arbitro è proprio l’ultima cosa che un ragazzo vorrebbe fare – spiega Fortunato Moschino, coordinatore Csi della delegazione di Vigevano – le Federazioni si trovano in notevole difficoltà. E’ molto più facile contestare e fare opposizione rispetto al mettersi a disposizione per dirigere una partita, con tutto ciò che ne consegue. Nel corso degli anni si è andati incontro ad un cambio di mentalità da parte delle nuove generazioni».

LE CAUSE Paura e timore di essere perennemente contestati, oltre al fatto che «manca proprio la passione di ricoprire il ruolo di arbitro – afferma don Riccardo Campari, delegato diocesano Csi che in passato ha anche diretto partite lungo i campi lomellini – oggi regna la paura ed è venuta a mancare la componente più importante di tutte: il divertimento». Allenarsi, aggregarsi e «essere impegnati il sabato e la domenica. E’ un’attività che richiede tanta responsabilità, molti giovani non rispettano più le regole. Non hanno più la predisposizione di donare il proprio tempo al prossimo. Come prima cosa chiedono il rimborso, non pensano più al fatto che essere arbitri implica rispettare le regole e farle rispettare dal prossimo». Da dove ripartire per far tornare attrattivo arbitrare? «Dal rispetto, dall’incentivare i giovani a mettersi a disposizione del prossimo. Soprattutto occorre che si ricominci a fare sport e calcio in modo costruttivo e educativo. Aspetti che mancano».

Edoardo Varese

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