Demografia / Quali soluzioni per promuovere la natalità?

Ma quali sono le soluzioni per contrastare il declino demografico italiano?

La maggior parte delle indagini e delle proposte vanno nella stessa direzione, rimuovere gli ostacoli materiali in ambito professionale.

Le giovani coppie si trovano di solito di fronte a numerosi passaggi intermedi che finiscono col ritardare nel tempo i progetti legati alla sfera privata. Conclusi gli studi l’inserimento nel mondo del lavoro è un percorso tortuoso fatto di contratti che non consentono di avere alcuna prospettiva e con tutele per le donne che spesso sono solo una facciata, pronta a crollare di fronte a un’eventuale gravidanza.

Non a caso l’Italia è uno degli stati in cui ci si sposa più tardi – a 34 anni gli uomini, a 31.5 le donne –

e di meno, appena 3.2 matrimoni ogni mille abitanti, meglio del solo Lussemburgo (3.1), questo in un paese in cui i figli di solito arrivano dopo il “fatidico sì”, cosicché in Lombardia nel 2016 l’età media al primo parto era 31.9 anni, piuttosto avanzata se si considera che uno dei fattori di rischio per l’infertilità è proprio l’età degli aspiranti genitori. Facile comprendere perché nel documento “Il problema della denatalità in Lombardia” del 2017 si certificasse che

la soglia dei 2 figli per donna, che garantisce il ricambio della popolazione senza il contributo delle migrazioni, è da tempo un miraggio nel nostro Paese

Da allora la situazione non è migliorata.

OPZIONI Ecco perché secondo don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio per la pastorale della famiglia della Cei, già nel 2019 si trattava «di invertire completamente la rotta, a oggi sembra che fare un figlio sia un fatto privato. Non ha una dimensione di rilevanza sociale ed è scarsamente sostenuto». In che modo invertire la tendenza? «In primo luogo – ha affermato in dicembre Vincenzo Sassi, presidente della Federazione delle associazioni familiari cattoliche d’Europa – vanno eliminate le situazioni di ingiustizia che ostacolano la libertà a generare nuova vita, a iniziare dalle politiche fiscali. Nelle politiche del lavoro, soprattutto per le donne, nell’istruzione, con una speciale attenzione per gli asili nido, e anche nell’accesso al credito e nel telelavoro bisogna fare passi in avanti». In Italia finora le iniziative sono state legate soprattutto alla nascita e ai primi anni di vita, distribuite in particolare per le fasce di reddito più basse e in questo modo tradendo in parte la loro natura,

diventando più un sostegno all’economia familiare che un incentivo alla natalità, soprattutto se si considera che il numero di figli per donna è inversamente proporzionale al grado d’istruzione delle medesime mentre il reddito è direttamente proporzionale al numero di anni di formazione.

Qualcosa dovrebbe cambiare con l’Assegno unico universale per ogni figlio a carico, che è stato previsto nella legge di bilancio per il 2021 con fondi pari a 3 miliardi di euro, destinati a diventare 5.5 nel 2022. Con questo strumento ogni famiglia dovrebbe ricevere un contributo mensile da 50 a 250 euro sulla base dell’Isee, erogato a partire dal settimo mese di gravidanza e fino al 21esimo anno d’età, a partire dai 18 anni direttamente al giovane. Tuttavia perché tutto questo funzioni a partire dal prossimo 1 luglio occorre che siano scritti e approvati i decreti attuativi, che al momento non ci sono.

ALTRE MISURE Accanto all’Assegno, servirebbero altri interventi per affrontare criticità storiche. L’estensione del tempo pieno nella scuola primaria e secondaria di primo grado, che soprattutto nel sud Italia è assente e che consentirebbe a un numero sempre maggiore di donne di non essere costrette a forme di part-time o a non lavorare affatto per accudire i figli nella fascia da pomeriggio a sera. L’ampliamento dei congedi parentali, che ad esempio in Svezia arrivano a 390 giorni retribuiti all’80% dello stipendio e in Italia si ferma a 300 al 30%, ma la Svezia dedica alle politiche di natalità il 3% del Pil, l’Italia l’1.8%. La costruzione di un numero adeguato di asili e di scuole dell’infanzia, peraltro prevista anche nell’ambito del Next Generation Italia. Modifiche al sistema di orientamento post-diploma e al mercato del lavoro che favoriscano l’accesso dei giovani all’occupazione, con opportune tutele per quanti decidono di avere figli. Molti di questi provvedimenti sono in vigore in altri stati europei da anni, ad esempio in Francia, che non a caso secondo le statistiche Eurostat è destinata a superare la popolazione della Germania e a diventare il paese più popoloso dell’Ue.

Giuseppe Del Signore

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