Osservatorio 8-12 / La sfida di una donna riuscita

«Ave Maria, adesso che sei donna… ave alle donne come te, Maria». Cantava così il poeta dei carruggi e della città vecchia, Fabrizio De Andre’ quando, accostandosi con lo sguardo umano ed inquieto dell’ateo che non rinuncia a credere al mistero dell’Incarnazione, fermava la propria attenzione sulla figura di Maria, donna fra le donne, resa speciale da un destino non cercato e “piombatole addosso” in modo improvviso e inatteso. Senza parole di fronte ad un mistero così grande, tra le note e i versi, l’autore non riusciva ad immaginarsi una figura angelicata e lontana, come spesso presentata dalla tradizione cristiana, e la collocava così nel quadro della quotidianità, vissuta fra le strade di Nazareth, tra i banchi del mercato, fra quelle vive polverose dove le chiacchiere della gente e gli sguardi curiosi e pettegoli sfioravano, senza riuscire scalfirlo, il volto gioiosa di una donna “nella stagione di essere madre”. Una canzone, certo, una situazione immaginata con la fantasia da chi guarda gli eventi della Salvezza da lontano, eppure un dipinto così accattivante e provocatorio che sembra impossibile non possa avere qualche cosa di vero.

E allora è bello pensare che la Madre di Dio, l’Immacolata, la Tutta Santa celebrata dalla liturgia e contemplata dalla Chiesa sia anzitutto e sempre una donna, una figlia, una sorella, una giovane che, con tutto il suo soprannaturale realismo, ancora mette in difficoltà una società sazia di bei discorsi sul genio femminile, ma an cora ubriaca di quell’ideologia che rischia di soffocarlo e nasconderlo. Di donne si parla tanto oggi, sui giornali, nei talk show, tra i servizi dei telegiornali. Donne vittime, donne sfruttate, donne violate nella loro dignità e dall’altro lato donne che reclamano diritti, che vogliono far sentire la loro voce, che chiedono più spazio tra i palazzi del potere e nei banchi delle chiese. Tante storie, con tanti tanti volti e tante ragioni degne di essere difese e ascoltate. Ma in questo agone mediatico che tante volte deforma la realtà, fino quasi a strumentalizzarla ed esasperarla, forse a proporre un equilibrio, una via possibile per sanare i conflitti e pacificare gli animi, è ancora una volta la silenziosa fanciulla di Nazaret, portatrice silenziosa di quei valori che le logiche umane, inevitabilmente fragili e parziali, non riescono ad annunciare fino in fondo.

A chi reclama un posto, un ruolo, il riconoscimento di un diritto, è Maria a ricordare il posto d’onore che Dio ha riservato alla maternità nel suo progetto di creazione; a chi alza la voce per gridare tutto il dolore di un amore ferito, malato, distorto, è ancora lei a indicare il potenziale straordinario di un cuore veramente libero da ogni schiavitù e capace quindi di un dono più pieno; a chi è sfiorata o soccombe davanti alla violenza degli uomini è ancora la “donna del dolore” ad indicare sentieri di speranza che nascono dal coraggio del perdono. Non tanto sugli altari allora, ma per le strade di un’umanità ancora affamata di verità e giustizia che non è ben chiaro dove si possa trovare, è lì che si incrocia questa “donna della quotidianità” per indicarci come lo straordinario di Dio inizia dalla capacità di vederlo e riconoscerlo, travestito dalla banalità di un giorno come gli altri.

Dcc

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