Letti e Piaciuti / “E tu splendi” di Giuseppe Catozzella

“E tu splendi”, di Giuseppe Catozzella (Feltrinelli, 2018), è una storia sospesa tra aspirazioni e realtà, tra metropoli e campagna, tra consuetudini e un mondo che cambia. Il protagonista è Pietro, un bambino di undici anni originario della Basilicata e rimasto orfano di mamma, che abita a Milanox, chiamata così perché la sua casa è a metà tra Milano e un luogo malfamato che richiama il Bronx. Il bambino trascorre le vacanze estive assieme alla sorella Nina, presso i nonni ad Arigliana, un paesino sulle montagne della Lucania «cinquanta case di pietra e duecento abitanti». La sua voce esile fa emergere la quotidianità di un paese del sud Italia ancora legato a un mondo contadino, con una mentalità chiusa e le sue credenze popolari.

Emerge la difficile realtà con cui gli abitanti devono scontrarsi, tra cui la mafia locale e un sistema economico globale che impone ai proprietari delle terre di produrre metà colture perché da quel momento «la comunità europea avrebbe regolato la produzione in tutti gli stati». Le paure degli abitanti di Arigliana sono accentuate dalla scoperta di alcuni immigrati nascosti nella Torre Saracena. Vedono negli stranieri una minaccia al loro precario equilibrio per colpa della loro mentalità, anche se sarà proprio questo gruppo di stranieri a portare una ventata di rinascita.

Il racconto è affidato alla voce di Pietro, che con un linguaggio semplice e sgrammaticato permette di vivere con leggerezza la lettura strappando qualche sorriso. Accanto a lui colpisce molto la figura di Nina e, in particolar modo il suo processo di crescita. All’inizio del libro il suo personaggio si presenta fanciullesco, con la toccante dolcezza di chi è ancora troppo fragile per poter affrontare la morte della mamma. Più volte immagina di parlare con lei, di vivere situazioni reali fatte di contatti fisici, immaginando anche la madre stessa che la rimprovera di tornare alla realtà. Sarà lo scontro con una realtà cruda che la costringe a crescere, proprio come farà Pietro.

Nel romanzo è richiamato l’ideale dell’ostrica, rimanere ben saldi negli affetti famigliari per evitare di essere travolti dal mondo, eppure la frase che conclude la lettura invita a uno scatto:

Ti insegnano a non splendere. E tu splendi invece.

Una chiusura che si allontana dalla visione verghiana filtrata dalle parole di padron ‘Ntoni – «Contentati di quel che t’ha fatto tuo padre; se non altro non sarai un birbante» – che incoraggia a trovare la forza e la bellezza di cui ognuno di noi è dotato per combattere un mondo talvolta ostile, fino a trovare il riscatto.

Giulia Drago

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