Vigevano, il Tar dà ragione al prefetto e salva Ceffa

Il Tar dà ragione al prefetto che salvò la giunta Ceffa. E’ stato respinto il ricorso presentato da alcuni dei 12 consiglieri che, nello scorso novembre, si erano dimessi in blocco nel tentativo di far decadere l’attuale amministrazione ducale a guida Lega.

La richiesta al Tar, presentata da Furio Suvilla, di Azione, Emanuele Corsico Piccolino, del Partito Democratico, e dagli ex leghisti Giulio Onori e Rimma Garifullina (nel frattempo espulsi dal Carroccio e passati a Italexit, movimento di Gianluigi Paragone), puntava a ribaltare la decisione del prefetto, che non riconoscendo le dimissioni di un consigliere aveva impedito il crollo della giunta.

LA VICENDA La ricostruzione operata dai giudici Rosanna Perilli (estesore) e Antonio Vinciguerra (presidente) invece ha fatto proprie le motivazioni espresse dall’allora prefetto di Pavia Paola Mannella (che nel frattempo ha cambiato incarico: ora è a Roma come direttore dell’Ufficio per l’amministrazione generale del Dipartimento della pubblica sicurezza, su indicazione dello stesso ministro Matteo Piantedosi) e cioè che la tredicesima dimissione, quella di Riccardo Capelli, non essendo stata protocollata non possa essere considerata valida. Il documento firmato da Capelli dal notaio, poi “rinnegato” dallo stesso consigliere (che aveva anche revocato la delega alla presentazione delle dimissioni) infatti sul timbro riporta solo «la data, 30 novembre 2022, e l’ora, 8.05, di ricezione del documento», ma non la segnatura relativa alla presa in carico del protocollo. Che la faccenda sia comunque poco chiara, lo dice la stessa sentenza, tanto che

l’opacità delle vicende che hanno caratterizzato la presentazione al protocollo comunale delle dimissioni dei consiglieri giustifica la compensazione delle spese di lite della fase tra le parti.

L’EPISODIO Lo scorso 29 novembre 13 consiglieri comunali (tutti quelli di minoranza e quattro di maggioranza) si erano recati dal notaio per rassegnare le proprie dimissioni dall’assise: un tale numero avrebbe comportato la caduta dell’amministrazione guidata da Andrea Ceffa, con il municipio che sarebbe stato affidato a un commissario in attesa di nuove elezioni. Riccardo Capelli, capogruppo di Fratelli d’Italia, in serata ci aveva però ripensato, comunicandolo tramite Pec: la mattina dopo, all’ufficio protocolli, lo stesso si era presentato assieme ad alcuni membri di giunta e maggioranza, incontrando alcuni dimissionari che erano lì per protocollare l’addio al consiglio. Quello che è avvenuto in quei momenti è tuttora poco chiaro: quel che è certo è che nel corso della concitata mattinata l’originale delle dimissioni di Capelli sia scomparso misteriosamente. Il documento mancante, unito alla chiara volontà di Capelli di recedere del suo intento, nei giorni successivi avevano fatto propendere il prefetto per il “salvataggio” della giunta Ceffa, parere per ora confermato anche dal Tar. Subito era emersa l’ipotesi che a orchestrare tutta l’operazione, dietro le quinte, fossero state persone esterne al consiglio comunale allo scopo di colpire non tanto il sindaco, quanto l’allora assessore e ora consigliere regionale Andrea Sala: a dirlo a mezzo stampa più o meno direttamente era stato in un primo momento Gianpietro Pacinotti, esponente di Azione (non eletto però in consiglio), mentre nomi e cognomi a quanto pare sono stati fatti nella memoria consegnata al Tar da Riccardo Capelli. Altri dimissionari, però, hanno ridimensionato il ruolo degli “esterni”, indicando tale regia come la sola versione dei fatti riportata da Capelli.

La partita per i ricorrenti non finisce qui: il caso nei prossimi mesi dovrà comunque essere affrontato in un’udienza nel merito, che produrrà una sentenza definitiva, a meno di ulteriori ricorsi al Consiglio di Stato. Difficile, però, viste le motivazioni portate dal tribunale, che possa esserci un cambio di orientamento: se l’attuale maggioranza (che ha un solo voto in più rispetto all’opposizione) dovesse cadere, non sarà probabilmente per quella che ai tempi il sindaco Ceffa definì una «congiura».

Alessio Facciolo

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