Mappamondo / Priamo e l’Arcipelago Gulag

La notizia della morte di Alexei Navalny mi ha fatto tornare alla mente l’immensa opera di Alexandr Solzenicyn, Arcipelago Gulag. In quel libro l’autore descrisse in maniera molto accurata, grazie anche al fatto che ne fu testimone diretto, il sistema dei campi di internamento e castigo sovietici, in cui furono detenuti milioni di persone nella seconda metà del XX secolo. In uno di questi Gulag, appunto, Solzenicyn, critico con il socialismo sovietico, fu rinchiuso dal 1945 al 1956. Ne uscì vivo, e poté raccontare al mondo il funzionamento di quei terribili luoghi di punizione. Molti di loro, come lo stesso Solzenicy, erano colpevoli di formar parte della dissidenza, di essere critici con il governo del proprio Paese, nel periodo in cui lo dirigeva Stalin.

Come abbiamo potuto osservare con Navalny la situazione oggi non sembra essere molto cambiata da quando la Russia era a capo dell’Unione Sovietica. È caduto il Muro di Berlino, si è sgretolato il sistema socialista, ma la dissidenza russa odierna continua a ad essere punita in maniera esemplare. Dico questo limitandomi a constatare il trattamento riservato a Navalny dall’avvelenamento del 2020 al giorno della sua morte pochi giorni fa, passando per il suo arresto al rientro in patria da Berlino il 17 gennaio 2021. Su quanto accaduto in merito alla sua scomparsa non sarà facile fare chiarezza. Ciò che invece può dare adito a un’ulteriore riflessione è la reazione della madre del dissidente russo. Il suo coraggio e la sua determinazione nel voler riavere la salma di suo figlio ricordano il gesto di Priamo, re di Troia, quando si diresse all’accampamento dei nemici per riaverne le spoglie. Si inginocchiò di fronte ad Achille e, supplicandolo, riottenne il corpo di Ettore. La madre di Navalny ha richiesto in maniera molto decisa la restituzione del figlio morto e l’ha ottenuta.

Anche in questo caso, come avvenne con Ettore a Troia, il funerale è stato pubblico, ma chi ha partecipato l’ha fatto sotto lo sguardo attento dell’autorità, a rischio di essere punito a sua volta come dissidente e non sotto lo sguardo pietoso di achei e troiani. Tuttavia la ritirata dei fiori in onore a Navalny lasciati da anonimi cittadini russi in varie città del Paese e del mondo, così come la limitata diffusione della notizia della sua morte nei mezzi di comunicazione nazionali, fanno pensare che come quello di Ettore anche l’esempio di Navalny sia destinato a rimanere.

Matteo Re, docente Università di Madrid

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